lunedì 16 luglio 2012

FAVA LARGA DI LEONFORTE



Conosciute da sempre, un tempo le fave Larghe di Leonforte erano diffusissime: si coltivavano in rotazione con il frumento. Servivano per arricchire il terreno di azoto e poi erano (e sono ancora) un ingrediente cardine della cucina leonfortese.
La coltivazione è ancora oggi completamente manuale. Tra novembre e dicembre si preparano i solchi, si depongono i semi a postarella (a gruppi) e si ricoprono di terra. Poi si zappetta per togliere l’erba e si accuccia (si aggiunge terreno attorno alle piantine). Quando le piante incominciano ad avvizzire si falciano, si fanno essiccare in piccoli covoni (manate di favi) e si battono nell’aia (una volta si calpestavano con gli animali).
Per separare la furba (i resti di fogli e fusti) dal seme si buttano in aria, con un tridente.
Le più piccole si danno agli animali; le più grandi si vendono ai commercianti. Il prezzo oscilla – nel ’99, ad esempio, i contadini hanno preso poco meno di 2000 lire al chilogrammo – e non è mai abbastanza remunerativo per una coltivazione così laboriosa. Così ogni anno i campi di fave si riducono.
Per questo è nato un Presidio. Per valorizzare questa terra – un’oasi verde nel cuore della campagna arida ennese – attraverso i suoi due prodotti simbolo: le fave, appunto, e le pesche tardive. È in fase di realizzazione un disciplinare di produzione e l’obiettivo prossimo futuro è la realizzazione di un consorzio di produttori.

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